martedì 27 ottobre 2015


...non si diventa vecchi vivendi semplicemente per molti anni, ma attraverso ciò che siamo diventati in quegli anni, attraverso ciò che riempie le nostre vite in quel momento, a anche per come ci siamo formati prima di iniziare a invecchiare.
Clarissa Pinkola Estés - La Danza delle Grandi Madri
dipinto: Franz Hals - Le reggenti di Hold Men's Atmshouse 1649




Nel ritratto delle reggenti Hals si pone quasi sullo stesso binario di Rembrandt. Le Reggenti sono qui apparizioni, anime che un sol fiato separa dall'incenerimento, in queste vecchie la vita è fragilissima e flebilissima. Eppure quanti sentimenti son o ancora impressi nelle fisionomie che stanno per congelarsi. Petulaze, ringhiosità, consapevolezze forse sagge forse inutili di una vita che comunque non insegna niente a nessuno. Qui la pittura già superba e tonale, impallidisce in un biancore sempre più riassorbito dal nero del paesaggio infrarosso e purgatoriale che accompagna lo sfondo
Flavio Caroli

lunedì 12 ottobre 2015



                                         
























                           Rembradt - Autoritratto ci capelli scompigliati 1628
Probabilmente Teeteto, nel dialogo platonico a lui intitolato, aveva la stessa età dei primi autoritratti di Rembrandt, quando diceva a Socrate: "Sono straordinariamente stupito della natura di tutto ciò [che mi circonda], tanto che, a volte, esaminandolo a fondo, mi vengono le vertigini" (155 C). La risposta di Socrate è che la filosofia ha origine dallo stupore, che verrà, proprio dalla filosofia, domato e trasformato in conoscenza vera.
Stupore è ciò che leggiamo negli occhi di Rembrandt, che sbucano dall'ombra della selva fittamente intricata di capelli rossicci dell'Autoritratto del 1628 (Amsterdam, Rijksmuseum). Il suo sguardo emerge dall'ombra verso di noi ed è già esso stesso una domanda.
Franco Rella - Negli occhi di Vencent, L'io nello specchio del mondo

domenica 13 settembre 2015


Paradossi nell'arte
"....io scrivo di me e dei miei scritti come delle mie azioni....il mio tema si ripiega su se stesso..."
Montaigne
E nei dipinti è il paradosso dell'immagine che integra il proprio rovescio, come nel dipinto di Pieter Claesz - Vanità 1630, dove ciò che noi vediamo sulla superficie del quadro è rappresentato all'interno della sfera, compreso l'autoritratto dell'artista al cavalletto.
E la sfera ci fa vedere il quadro da dietro e a rovescio. In essa vediamo l'artista seduto al cavalletto intento a osservare il suo soggetto. Non è possibile vedere nella sfera l'immagine che egli sta dipingendo: quel che si vede è il supporto e il modello del suo dipingere. L'immagine che egli sta dipingendo è proprio il quadro. Nel quadro è visibile proprio il rovescio della tela. Il dritto è il quadro che noi stiamo guardando; è un'immagine che integra il proprio rovescio e potremmo anche definirlo come il paradosso del " contenente-contenuto"
Nel suo insieme il dipinto è una vanitas per gli oggetti rappresentati e poichè vi è inglobato l'artista al lavoro, riflesso nella sfera, diventa una riflessione sulla vanitas del fare artistico. Riflettendo sull'arte, l'artista si accorge di quanto essa sia vana, il suo mondo, la sfera, è perfetto ma fragile, futile, vano. Tutto il quadro che include il suo farsi e anche il suo autore, si organizza tra la grande sfera scintillante, ma vuota, e il teschio. "Ecco l'arte, ecco la mia arte" sembrerebbe dirci Claesz " ed ecco anche me stesso all'opera! Vanità del dipingere"
Stoichita- L' invenzione del quadro
dipinto: Pieter Claesz - Vanitas 1630


martedì 1 settembre 2015

" L'inconscio è veramente il campo più vasto della nostra mente, e, proprio per questa incoscienza, è l'Africa interiore, i cui ignoti confini possono estendersi lontanissimo.
Perchè tutto ciò che è nella mente dovrebbe giungere alla coscienza dal momento che, per esempio, ciò di cui la mente è già stata consapevole, l'intero grande campo della memoria, appare ad essa illuminato soltanto in piccole zone, mentre il resto rimane in ombra? E non potrebbe forse esistere una seconda faccia della nostra luna mentale che non si mostra mai alla coscienza?"
Johann Paul Richter

dipinto: Henry Fuseli - The Naightmare 1781
L'incubo è il capolavoro di Fuseli. La particolarità del dipinto è data dalla materializzazione del sogno, Il nano e la testa di cavallo sembrano condensare i demoni di violenza e crudeltà nascosti nelle profondità della psiche umana, e Fuseli considera i sogni una personificazione del sentimento, anticipando le tematiche dell'inconscio sviluppate da Freud che pare possedesse nel suo studio una copia del dipintoInconscio, la nostra Africa interiore



domenica 9 agosto 2015

" Penso che Dio s'arrabbi quando in un campo passiamo vicino a qualcosa di viola e non ce ne accorgiamo."
Alice Walker, Il colore viola, 1982




























                      Jules Machard - Giovane donna con Bouquet di ortensie 1896

"....Si sentiva che Madame Swann non si vestiva soltanto per sentirsi a proprio agio o per ornare il suo corpo, ma che era circondata dal suo vestito come dall'apparato squisito e spiritualizzato di una civiltà...."
Odette nella Recherche
Fra tutti i personaggi della Recherche, Odette è quella che si serve meglio del colore, che usa come un segno e come un'arma....Se stoffe e tessuti esprimono i suoi stati d'animo quotidiani, la sua vera essenza è però contenuta in una sola sfumatura: " Madame Swann compariva, dispiegando attorno a lei un abito sempre diverso, ma che ricordo soprattutto viola". Odette può ostinarsi a cambiare marito, abito e pettinatura; il viola la accompagna per tutta la Recherche, e compone nel Narratore ( e nel lettore) l'immagine ideale che la rappresenta.



Per secoli, il viola fu prodotto alla laboriosa maniera fenicia: centinaia di molluschi venivano fatti bollire, e dal loro muco si ricavava il pigmento porpora che andava a impreziosire gli abiti di imperatori, consoli e senatori. Come il blu il viola era un colore esclusivo......La versione sintetica fu scoperta casualmente da un chimico inglese e dal fallimento di un suo esperimento nel 1859,....e in Inghilterra nasce il mauve.
Il viola era un colore molto in voga ai tempi di Proust. Era la nuance preferita dagli impressionisti, e sarti e cratori del tempo ne facevano grande uso. Nel 1862 la regina Vittoria sfoggia un abito viola acceso, e alla fine dell'Ottocento lo si vedeva così dappertutto che si finì per parlare di "decennio mauve". E il viola diventa un clichè delle mode del tempo, come le fogge orientali e i motivi floreali liberty
Eleonora Marangoni - Proust i colori del tempo

martedì 4 agosto 2015







































 " Preferisco dipingere occhi piuttosto che cattedrali, perchè negli occhi vi è un qualcosa che non si trova nelle cattedrali: l'anima di una persona:" -  a The 19 dicembre 1885

In questi disegni di autoritratti Vincent pare concentrarsi sui propri tormenti interiori in una specie di lavoro di autoanalisi.
Un ritratto pare eseguito di getto.
Ci si può immaginare l'artista solo nel suo atelier mentre osserva con attenzione la propria immagine riflessa nello specchio. L'intensità dello sguardo è sottolineata con efficacia: la matita calca con vigore, ha quasi perforato la carta, All'artista interessano gli occhi, ne disegna uno isolato anche nella parte superiore del foglio. Gli occhi, disegna i suoi occhi, dove è possibile vedere l'anima. Vincent ha disegnato la sua anima riflessa nei suoi occhi
da George Roddam - Van Gogh come non lo avete mai visto prima

venerdì 31 luglio 2015


Victor Koulbak - 1946
Koulbak, artista russo, introspettivo e misterioso calligrafo, poeta di rarefazioni e di reticenze, di un lirismo stremato che punta alla perfezione dell'inespresso e del silenzio.




giovedì 30 luglio 2015




                               



























                                                                                       Van Gogh - Sorrow 1882 - Matita, penna e inchiostro su carta

Sien, la donna ritratta nel disegno, posò per Vincent più volte. La rappresenta in questo disegno celebre, sola, in un paesaggio spoglio, nuda col capo chino e il ventre prominente a indicare l sua condizione, Sien aspetta un bambino, è infelice e disperata. Tutto di questa rappresentazione ci indica che è sola al mondo e senza le cure di cui avrebbe bisogno. E' la condizione in cui l'artista la trovò quando la conobbe. Nascondendone il volto, egli la trasforma da raffigurazione individuale in un immagine universale di sofferenza.
Con questo disegno Vincent intendeva risvegliare un sentimento di pietà nei confronti degli oppressi. Egli voleva che l'osservatore non giudicasse le donne come lei, ma provasse compassione per le loro difficoltà.
da George Roddam - Van Gogh come non lo hai mai visto




























In una lettera del 10 aprile 1882 al fratello Theo Vincent descrive il disegno così: " Essendo per te, che capisci queste cose, non ho esitato a essere un po' malinconico. Volevo dire qualcosa come " Ma il vuoto del cuore rimane, nulla potrà più colmarlo" In queste righe l'artista evoca il dolore per la perdita dell'innocenza e la sofferenza irrimediabilmente causata dal tradimento in amore. Sien e Vincent abitarono assieme per quasi due anni e si lasciarono poi malamente nel settembre del 1883. Molti anni più tardi Sien sposò un marinaio, nel tentativo di dare una famiglia rispettabile al figlio, ma rimase infelice e anch'ella si suicidò nel 1904, gettandosi nelle acque della Schelda

Van Gogh e Sien




































Nella lettera 192 Vincent così scrive a Theo a proposito del suo primo incontro con Sien:
"Lo scorso inverno ho incontrato una donna incinta, abbandonata dall'uomo di cui portava in grembo il figlio. Una donna incinta che camminava per le strade d'inverno--doveva guadagnarsi il pane, tu sai bene come. Ho preso questa donna come modella e ho lavorato con lei tutto l'inverno. Non potevo pagarle uno stipendio da modella, ma nondimeno le ho pagato l'affitto e fin qui, grazie a Dio, sono riuscito a salvare lei e la sua bambina dalla fame e dal freddo dividendo il mio pane con lei."







Vincent e Sien abiteranno assieme per quasi due anni. Il bimbo che porta in grembo, quando Vincent la conosce, sarà una gioia per l'artista che si affezionerà molto, quasi fosse suo. Si separeranno, poi, in modo piuttosto difficile. Più tardi Sien sposerà un marinaio nel tentativo di dare stabilità ai figli ma sarà sempre triste e nel 1904 si suiciderà anche lei. Sarà comunque una storia importante per Vincent, l'amore ha molte facce - Vincent Van Gogh - Madre col bambino, Sien -1882









martedì 28 luglio 2015

 " Quel quadro a più d'uno potrebbe far perdere la fede" Dostoevkij - L'Idiota




" Lo spettacolo di questo volto tumefatto, coperto di ferite sanguinanti è terribile. Così non avendo la forza di guardarlo più oltre, nella situazione in cui mi trovavo in quel momento, me ne andai in un altra sala. Ma mio marito sembrava distrutto. Si può trovare nell' Idiota un riflesso dell'impressione che il quadro fece su di lui. Quando tornai dopo una ventina di minuti era ancora là allo stesso posto, incatenato. Sul suo volto commosso era imnpressa quell'espressione di terrore che avevo già notato assai spesso all'inizio delle sue crisi di epilessia. Lo presi dolcemente per un braccio lo portai fuori dalla sala e lo feci sedere sulla panca, aspettandomi da un momento all'altro la crisi che per fortuna non ebbe luogo. Poco a poco si calmò, ma uscendo dal museo non insistette una seconda volta per vedere il quadro" -
Anna Griegorevna Dostoeskaja - diari dal viaggio dei Dostoevkij in Svizzera
dipinto -Hans Holbein il Giovane - Il Cristo morto nella tomba 1521

Questo è un Cristo che non risorge. Nessuno aveva mai mostrato in modo così evidente il disfacimento del corpo del redentore. Dostoevkij aveva visto il dipinto nel 1867 a Basilea ed era rimasto impressionato tanto da citarlo più volte nel suo romanzo - L' Idiota -. A uno dei personaggi farà dire " Quel quadro a più d'uno potrebbe far perdere la fede"

giovedì 23 luglio 2015


                                              Alberto Burri - Grande Gretto nero 1977
«Il Nero prima della luce è la sostanza dell'Universo, ciò che è sfuggito dal Mondo prima che il Mondo venisse al Mondo.» François Laruelle.
Questa enigmatica frase del pensatore francese ben si accorda allo stupendo Grande Gretto Nero del 1977 di Alberto Burri

Il grande Gretto nero. l'opera più monumentale eseguita da Burri in tutta la sua vita. Tutto nero. Quindici metri per cinque che sono un fronte alluvionale della materia e dell'oscuro, un pianeta lavico essicato in tempi lontanissimi, una valanga di magma galattico che minaccia di travolgerci in silenzio, un incontro ravvicinato con l'universo.
Qui ogni metafora naturalistica è inadeguata, nel Gretto c'è la musica romantica ma c'è sopratutto Bach, che tutto è forma pura, complessa, calcolatissima Forma.
F.Caroli
Alberto Burri nello scatto di Mimmo Jodice

mercoledì 22 luglio 2015


".....L'orizzonte sul mare segnala una lontananza che è sconfinamento. incontro del cielo e dell'acqua. Indefinito fatto linea...."
Antonio Prete - Trattato della lontananza pg. 33




ph. Hiroshi  Sugimoto - serie: Seascape
serie Seascapes - 1980. I suoi scatti minimalisti ai mari che incontra, odorano di cultura giapponese, e vengono realizzati con una vecchia macchina fotografica e con tempi di posa che lo impegnano per ore. Il risultato sono immagini eleganti e molto raffinate, dove traspare l'amore di Sugimoto per il vuoto- Scatti che suscitano equilibrio e attesa per qualcosa che  deve ancora accadere o il timore per ciò che già può essere avvenuto. Nell'osservare questi scatti ci si può perdere, la mente vaga e le domande che ci abitano dentro inevitabilmente si affacciano. Essere al cospetto del vuoto è sempre difficile,  lo si riempie di noi stessi e interrogarsi è inevitabile

ph. GIANNI BERENGO GARDIN - ATELIER MORANDI
.....come saranno le cose quando non le guardiamo? questa domanda, che mi sembra ogni giorno meno assurda, l’ho fatta molte volte da bambino, ma la facevo solo a me stesso, non a genitori o a insegnanti, perché immaginavo che essi avrebbero sorriso della mia ingenuità (o della mia stupidità, secondo un’opinione più radicale) e che mi avrebbero dato l’unica risposta che non mi poteva convincere: “le cose, quando non le guardiamo, sono uguali a quello che sembrano quando stiamo guardando”. ho sempre pensato che le cose, quando restavano da sole, fossero qualcos’altro. più tardi, quando ero ormai entrato in quel periodo dell’adolescenza che si caratterizza per la sprezzante arroganza con cui giudica l’infanzia da cui proviene, ho creduto d’avere la risposta definitiva all’inquietudine metafisica che aveva tormentato i miei primi anni: pensavo che regolando una macchina fotografica in modo che scattasse automaticamente in una casa in cui non ci fossero presenze umane, sarei riuscito a prendere le cose alla sprovvista e quindi a conoscere il loro aspetto reale. avevo dimenticato che le cose sono più furbe di quello che sembrano e non si lasciano ingannare con questa facilità: sanno molto bene che dentro ad ogni macchina fotografica c’è un occhio umano nascosto. e poi, anche se l’apparecchio, con l’astuzia, avesse potuto captare l’immagine frontale di una cosa, il suo altro lato rimarrebbe sempre fuori della portata del sistema ottico, meccanico, chimico o digitale della registrazione fotografica. quel lato occulto sul quale, all’ultimo momento, ironicamente, la cosa fotografata avrebbe fatto passare la sua faccia segreta, sorella gemella dell’oscurità. quando in una casa immersa nell’oscurità totale accendiamo una luce, l’oscurità scompare. allora ci chiediamo: dov’è andata?” e la risposta può essere soltanto una: “non è andata da nessuna parte. l’oscurità è semplicemente l’altro lato della luce, il suo volto segreto”. è un peccato che non me l’abbiano detto quando ero bambino. oggi saprei tutto sull’oscurità e la luce, sulla luce e l’oscurità.

Josè Saramago - L'altro lato -tratto dal volume Passaggi-dialoghi con il buio





























 Le fotografie di Gianni Berengo Gardin sono bellissime: tra le più belle che abbia mai visto. Riproducono con estrema fedeltà lo studio ricostruito: ma le trombettine, le caraffe, i fiori secchi, persino la polvere che un tempo erano intrise di colori, ora appaiono in bianco e nero. Tutto è cambiato. Rispetto ai quadri sembrano più intense, fisse e violente, come se il mondo di Morandi fosse stato pietrificato da una mano invisibile. Talvolta, sulla fotografia, appaiono fantasmi. - Pietro Citati